Il diritto alla formazione professionale
dei cittadini disabili è pienamente riconosciuto dalla Costituzione
Italiana all’art. 38: “gli inabili ed i minorati hanno diritto
all’educazione e all’avviamento professionale.”
Affinché i principi costituzionali trovino riscontro nella legislazione
successiva bisognerà attendere 25 anni. Fino agli inizi degli anni settanta ,
infatti, le disposizioni in materia non prevedevano interventi a favore dei
portatori di handicap. Con la Legge n. 118 del 1971 vengono per la
prima volta previste specifiche norme al riguardo. L’articolo 23 della suddetta
legge stabilisce infatti che i mutilati e gli invalidi civili, dopo
l’espletamento dell’obbligo scolastico, siano ammessi a fruire delle provvidenze
intese all’orientamento, all’addestramento, alla qualificazione e
riqualificazione professionale a cura del Ministero del lavoro e della
Previdenza sociale.
Con la Legge 845/78, legge quadro in
materia di formazione professionale, si introduce una normativa organica in
materia, comprendente disposizioni relative ai disabili.
Le competenze legislative e amministrative in merito vengono definitivamente
assegnate alle regioni precisando che spetta loro:
- la promozione di interventi idonei di assistenza psico-pedagogica, tecnica e sanitaria nei confronti degli allievi affetti da disturbi del comportamento o da menomazioni fisiche o sensoriali al fine di assicurare loro il completo inserimento nell’attività formativa e favorirne l’integrazione sociale (art.3,comma 1, lett. a);
- la qualificazione professionale degli invalidi e dei disabili, nonché gli interventi necessari ad assicurare loro il diritto alla formazione professionale (art. 4, comma 1, lett. d);
- le iniziative formative dirette alla rieducazione professionale di lavoratori divenuti invalidi a causa di infortuni o malattia (art. 8, comma 1, lett. g).
La Legge quadro n. 104/92 per l’assistenza,
l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, interviene
nel settore della formazione professionale dei disabili recuperando e
integrando le norme della L. 845/78.
La legge quadro sull’handicap identifica il processo formativo come
strumento preliminare da perfezionare e promuovere allo scopo di assicurare
adeguate opportunità occupazionali anche in conformità con i cambiamenti
strutturali del sistema economico. L’art. 17 della suddetta legge prevede
l’inserimento della persona handicappata negli ordinari corsi di formazione
professionale dei centri pubblici e privati, garantendo attività specifiche per
quegli allievi disabili che non siano in grado di avvalersi dei metodi di
apprendimento ordinari per l’acquisizione di una qualifica. Si precisa che a
tal fine le regioni forniscono ai centri i sussidi e le attrezzature
necessarie.
Il riordino generale della formazione professionale è definito, nei
principi e criteri guida, dalla Legge n. 196/97 (art. 17), norme
in materia di promozione dell’occupazione, come prima fase di un più ampio
processo di riforma della disciplina in materia. Alla formazione professionale
è affidato il compito di integrare la preparazione di base e l’inserimento
lavorativo per un’elevazione qualitativa e competitiva delle professionalità
sul mercato del lavoro.
La Legge n. 196 del 1997 (Pacchetto Treu), volta a favorire
l’incontro tra domanda e offerta di lavoro ha mirato a rilanciare istituti già
sperimentati come l’apprendistato, il contratto di formazione lavoro, gli
stages, attraverso un potenziamento dei contenuti formativi, la valorizzazione
dell’alternanza scuola-lavoro per favorire la conoscenza del mondo del lavoro e
facilitare le scelte professionali dei giovani.
La direttiva 2000/78/CE sancisce il
principio della parità di trattamento in materia di occupazione e
formazione indipendentemente dalla religione o convinzioni personali,
dall’orientamento sessuale, dall’età e dalle disabilità.
La direttiva trova applicazione nel settore pubblico e in quello privato, e
riguarda principalmente:
- le condizioni di accesso alla formazione professionale e al lavoro dipendente o indipendente, comprese le possibilità di promozione;
- l’impiego e le condizioni di lavoro, compreso il licenziamento e la retribuzione;
- l’iscrizione a un’organizzazione sindacale.
Il Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216 recepisce la direttiva europea 2000/78/CE che sancisce la parità di trattamento in materia di occupazione e formazione indipendentemente dalla religione o convinzioni personali, dall’orientamento sessuale, dall’età e dalle disabilità.
Il D.L. 216/2003 ha per oggetto la parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap,
dall’età e dall’orientamento sessuale, per quanto concerne l’occupazione e le
condizioni di lavoro e prevede l’adozione di misure necessarie affinché tali
fattori non siano causa di discriminazione, in un’ottica che tenga conto anche
del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su
donne e uomini.
Il principio di parità di trattamento senza distinzioni si applica anche
per:
- l’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali.